Omelia nella notte di Natale 2014 Stampa

Omelia della notte di Natale 2014

            Una promessa, un dono, un’esortazione: in questi tre momenti si articola il messaggio del Natale che abbiamo ascoltato.

            Una promessa, anzitutto, quella di Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce…hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia… perché ci è nato un bambino, ci è stato dato un figlio… il suo nome è Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace… la pace non avrà fine… egli viene con il diritto e la giustizia, ora e sempre.” Isaia indirizzava queste parole agli abitanti di Israele dopo che il loro territorio era stato invaso e depredato dagli Assiri, ma sono parole che dicono la speranza di tutti i secoli: la libertà, l’abbondanza dei beni materiali per tutti, una pace duratura, la piena giustizia. Sono parola di Dio, quindi parole eterne, sempre attuali, che possono consolare e rasserenare anche noi, se non fosse che il nostro stanco mondo occidentale sembra fare fatica a credere, a sperare, ad attendere con fiducia, a spiare la novità che s’intravede nel futuro. Eppure, è proprio questo che celebriamo questa notte: non stiamo accarezzando sogni impossibili, collocati in un mondo irreale. Stiamo invece ringraziando Dio per un dono che è in mezzo a noi e che, dicono gli angeli, è motivo di grande gioia e non solo per qualcuno, ma per tutti: “Oggi, nella città di Davide, vi è nato un salvatore, che è Cristo Signore.” Un salvatore – quindi una vita salvata; per noi – quindi la nostra vita salvata.

            Mi chiedo che cosa possa significare la salvezza per la mia vita, in che cosa consiste una vita ‘salvata’? Una vita che è riconciliata con Dio e con gli uomini; che produce del bene e lascia dietro di sé una scia di consolazione; che non è paralizzata dalle catene degli errori del passato ma rimane sempre aperta al miglioramento; che non ha troppo paura della morte e quindi sa vivere in libertà la vita; che ha abbandonato ogni risentimento amaro e sa dire di sì alla vita coi i suoi limiti; che spera in Dio in questo mondo e oltre i confini di questo mondo… Tutto questo; ma davvero la nascita di quel bambino a Betlemme può consegnarmi una vita così? Può custodire la speranza nel cuore?

            Tutte le mattine il sole sorge all’orizzonte e riporta la luce nel mondo e illumina il nostro vivere; basterebbe questo per amare la vita ed essere riconoscenti. Ma alla sera il sole tramonta all’altro orizzonte e ci lascia con un senso di malinconia. Tutti i giorni incontro amici, persone che mi salutano, mi sorridono, mi dicono parole buone; basterebbe questo per accettare la fatica quotidiana e cercare di fare per gli altri qualcosa di buono. Ma alcuni di questi amici mi sono stati portati via e il ricordo fa sentire un vuoto che non si riesce a colmare. Rimango ammirato quando ripercorro la storia degli uomini sulla terra: il lavoro creativo che trasforma il mondo e lo rende abitabile, lo sviluppo illimitato della conoscenza, le opere d’arte, le istituzioni sorprendenti della vita sociale, economica, politica; come non dire che l’esistenza dell’uomo è un miracolo di bellezza? Eppure questa straordinaria creatura è capace di odiare e anche oggi, il giorno di Natale, ci sono nel mondo oppressori e oppressi, assassini e uccisi. Come sperare ancora? Serve a qualcosa cercare di amare o stiamo illudendo noi stessi? Dobbiamo rassegnarci alle osservazioni scettiche di Qohelet quando diceva: “Una generazione va, una generazione viene, ma il mondo resta sempre lo stesso…ciò che è stato sarà e ciò che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole”?

            “E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama.” Sono sorpreso: gli uomini così capaci di bene e di male, di costruire e di distruggere, questi uomini Dio li ama. Ma li conosce? Sa di che cosa sono capaci? Sa il peso di sofferenze che producono ingiustamente ogni giorno? Certo che lo sa, e meglio di me. Eppure Dio li ama e il bambino che nasce a Betlemme è una dichiarazione di amore di Dio per gli uomini. Sì, proprio una dichiarazione di amore e di fiducia: perché in quel bambino Dio si mette nelle nostre mani, si consegna agli uomini perché abbiano la libertà di amarlo o di odiarlo – di amare o di odiare Dio, di rispondere al suo amore con l’amore o di negare l’amore con la cattiveria. E succederà proprio così. Quel bambino diventerà segno di contraddizione: ci sarà chi, affascinato da lui, abbandonerà tutto per seguirlo e ci sarà chi, rifiutandolo, complotterà per eliminarlo o anche solo per dimenticarlo. Dio lo sa bene; eppure in quel bambino consegna se stesso agli uomini; e quel bambino rimarrà per gli uomini – tutti, buoni e cattivi – il segno incancellabile, la rivelazione dell’amore di Dio: di Dio che ama i santi perché sono santi; di Dio che ama anche i peccatori perché siano liberati dalla catena del loro peccato e possano intraprendere una via di virtù e di bontà. Siccome c’è lui, quel bambino, la bilancia non rimane sospesa tra il bene e il male quasi che fossero equivalenti; la bilancia pende decisamente e definitivamente dalla parte del bene perché l’amore di Dio è diventato umano e si è inserito per sempre nel tessuto dei gesti e delle parole umane.

            Aveva ragione il papa san Leone Magno quando predicava che non c’è spazio per la tristezza in questo giorno: deve gioire il giusto perché vede sigillata la sua giustizia dall’amore di Dio; ma può gioire anche il peccatore perché vede vinto il suo peccato dal perdono di Dio; può riprendere coraggio il pagano perché scopre di essere anche lui prezioso agli occhi di Dio. Dunque la promessa che Dio aveva fatto attraverso il profeta Isaia è diventata dono attraverso Gesù di Nazaret. Di questo dono gioiamo, lieti di poterne fruire senza condizioni. Dice sant’Agostino: “Avendo un Figlio unigenito, Dio l’ha fatto figlio dell’uomo, e così ha reso l’uomo figlio di Dio. Cerca pure di scoprire dove si trovi il merito, quale sia la causa di tutto questo e vedi se trovi altro che grazia.”

Finisce qui il discorso? No; i doni di Dio sono grandi, immeritati, offerti generosamente a tutti. Ma i doni di Dio sono anche impegnativi, esigenti. A che ti serve il perdono di Dio se non cominci a vivere come una creatura nuova? E a che ti serve l’amore di Dio se non diventi tu stesso innamorato? E a che ti serve la gioia di essere in pace con Dio e col mondo intero se questa gioia non rende belle le tue parole e non rende fecondi di vita i tuoi gesti?

            Per questo abbiamo ascoltato anche le parole di Paolo a Tito: “E’ apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà… per formare un popolo… pieno di zelo per le opere buone.” È il Natale di Gesù e il Natale viene come dono gratuito; ma deve diventare il mio Natale, il tuo Natale e questo non lo può diventare se io, tu, non immettiamo la forma del Natale nella nostra vita. Qualcosa abbiamo già fatto coi biglietti di auguri, i regali agli amici, col presepe e con l’albero; abbiamo sentito dentro il bisogno sano di farci vicini ad altre persone, di gioire per la loro amicizia. Ma il Natale è molto di più: è purificazione dei desideri perché siano orientati al bene; è creazione di rapporti umani sinceri, che rendano possibile la fiducia reciproca; è condivisione di vita, delle gioie e delle sofferenze – gioire con chi gioisce, insegnava san Paolo, e piangere con chi piange; è vivere un’esistenza grata che non ha pretese e che sa quindi benedire Dio per ogni piccolo bene. Nel Natale Dio diventa l’Emmanuele, Dio con noi; ma la ricchezza contenuta in questo dono diventa effettiva solo quando incominciamo a vivere ‘noi con Dio,’ cercando di piacere a Lui in ogni cosa, custodendo in noi la pace che viene dalla sua amicizia. È questo Natale che auguro di cuore a voi, alle vostre famiglie, a tutte le persone che vi sono care. Dio vi doni di essere, con la vostra vita rinnovata, messaggeri viventi del suo Natale.

Buon Natale!