Il Signore della vita NON evita la morte Stampa


Nell’ultimo suo film, Clint Eastwood ha voluto parlare dell’esperienza della morte e di quello che forse c’è dopo di essa. Il film si chiama “HereAfter” (letteralmente “aldilà”) e racconta di diversi personaggi che hanno a che fare con questa esperienza durissima che è comune ad ogni uomo. La morte appare all’inizio del film con la scena devastante dello tsunami in Indonesia che travolge tutto e tutti, compresa una giornalista francese che passa nel giro di pochi minuti da un tranquillo shopping in una via del villaggio indonesiano alla distruzione totale che quasi la uccide; in pochi attimi si trova sospesa tra morte e vita, e intravede “un altro luogo”…

La morte coinvolge anche una coppia di inseparabili fratelli gemelli che vivono una difficile situazione famigliare, con la madre alcolizzata e il continuo pericolo di essere affidati ai servizi sociali; uno dei due fratelli muore improvvisamente per un incidente, e l’altro da quel momento in poi cerca di ritrovarlo per sentirlo ancora vicino. L’ultimo personaggio che fa da ponte tra le due situazioni precedenti, è un giovane uomo che ha il dono di vedere i morti e di fare da tramite tra loro e i viventi; questo dono che potrebbe essere fonte di grandi guadagni, per lui è una maledizione dalla quale cerca di fuggire.

Mi ha davvero colpito questo film perché parla della morte in molti suoi aspetti, e cerca di raccontare una esperienza che accomuna tutti. In tutti c’è questo desiderio di sconfiggere la morte che non solo fa cessare le funzioni vitali, ma soprattutto interrompe le relazioni umane, toglie speranza per il futuro e condiziona la vita con la paura. il film è stato criticato perché parla di un “aldilà” senza Dio. Dio (qualsiasi… non solo quello cristiano) non viene praticamente mai nominato. I protagonisti sono chiamati a sperare in questa “vita che non finisce” con la morte…

Se ci penso bene, e se soprattutto penso alle volte nelle quali mi sono confrontato con la morte (di una persona cara o anche per il mio ministero…), anch’io mi sono chiesto se davvero la “vita” ha l’ultima parola. Mi sono chiesto se è vero che non tutto è perduto anche quando la morte arriva, improvvisa o anche preparata da una lunga malattia. Forse anch’io, sotto sotto, non mi interessa il Capo che ci sarà nell’aldilà, ma mi interessa che comunque possa trovare pace per me e la compagnia delle persone che nell’aldiquà mi hanno lasciato…
Il lungo brano di Vangelo di questa domenica è spesso riassunto nel titolo “la resurrezione di Lazzaro”. E’ questo infatti l’evento finale, ed è questa resurrezione di un morto vero che diventa l’ultimo grande segno di Gesù prima della sua stessa morte in croce.
Credo però che sia giusto non sorvolare troppo velocemente sul fatto che l’evangelista Giovanni descrive molto più dettagliatamente l’esperienza della morte di Lazzaro che la sua uscita dal sepolcro. Questo passo evangelico vuole farci interrogare profondamente sulla devastazione umana che la morte provoca nelle persone, e che Gesù non ha voluto evitare.
Nel Vangelo si parla di Lazzaro malato che poi muore. Le sue sorelle speravano in una guarigione con la presenza dell’amico Gesù, ma tutto questo non è avvenuto. Anche i vicini “rimproverano” Gesù, che sembra capace di dare la vista ai ciechi ma non di guarire una malattia, forse più semplice da risolvere. E su tutta la vicenda, è presente l’oscura cappa della condanna a Gesù. Facendo risorgere Lazzaro, il Maestro firma la sua condanna a morte. L’evangelista infatti continua il racconto ricordando come i capi del popolo decideranno di uccidere Gesù proprio per questo miracolo.
Io credo che questo racconto parli anche di me, di noi, di tutta l’umanità. Parla della ricerca di ogni essere umano, credente o non credente, di trovare un senso nell’esperienza della morte che è inevitabile. Posso evitare di credere in Dio, ma non posso evitare di sperimentare la morte.

Il messaggio che raccolgo da questo racconto è che anche Gesù, Figlio di Dio e Signore della vita, è passato lui stesso per la valle della morte. Ha condiviso l’esperienza del dolore della perdita di una persona cara e l’esperienza della rabbia quando si vedono le speranze interrotte e la morte sembra vincere. Gesù ha affrontato anche la sua stessa morte, senza sottrarsi. La croce ci ricorda proprio questo: Dio è passato da quell’esperienza che per molti uomini è segno Che Dio non esiste, e se esiste è un Dio cattivo.
Nelle due sorelle di Lazzaro, possiamo vedere noi stessi in cerca di risposte e di speranza concreta. Quando la morte ci tocca non ci bastano le risposte facili “da catechismo” che ci dicono che “risorgeremo e ci ritroveremo tutti…”. Marta e Maria hanno bisogno di sperimentare la vita più forte della morte, hanno bisogno di sentire che Dio è con loro. I personaggi del film di Clint Eastwood in fondo cercano la stessa cosa. “Hereafter” si ferma nel dire che “qualcosa” c’è ed esiste la speranza “nell’aldilà”. Il Vangelo ci dice di più: Gesù è con noi anche quando la morte ci fa tremare e soffrire; il Signore della vita è presente qui nella morte umana, ed è capace di farci sperimentare un po’ di “aldilà” nell’aldiquà.
Un amico, commentando questo brano, cita una preghiera di John Donne, che dice: “Dopo un breve sonno, ci sveglieremo per l’eternità, e la morte non sarà più; morte, tu morirai”.
Questa speranza che da soli non possiamo darci, ce la offre lo Spirito di Gesù… e la pianta nel nostro cuore.