Messe senza Comunità Stampa
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Incontrando tante persone in giro per S. Angelo, il ritornello più frequente che sento è questo:

- Padre, noi in chiesa ci vede poco perché alla domenica andiamo Messa a…. e poi dicono anche il motivo:

- perché ci è più comodo l'orario,….
- perché a tutte le ore trovi pronta una Messa…
- perché abbiamo i bambini che fanno attività sportiva in quella parrocchia…
- perché poi facciamo quattro passi in città…
- perché è una chiesa più accogliente, più calda di questa
- perché là nessuno ci conosce e siamo più tranquilli…
- perché veniamo dalla parrocchia di …. e abbiamo continuato a frequentarla…
Se domando loro:
- Ma in quella parrocchia, svolgete qualche ruolo? Rispondono immancabilmente:
- Beh! No!

In realtà l'unico e vero motivo per cui si frequenta un'altra parrocchia è che fondamentalmente pochi si sentono inseriti in una comunità cristiana, sono orgogliosi di farne parte e la vivono come la propria famiglia di fede.
Noi preti abbiamo costruito tante chiese, alcune stupende, autentiche opere d'arte, ma non siamo riusciti a formare Chiesa, creare Comunità.
Non è neppure colpa dei preti, che "poveracci" credono, vivono e trasmettono ciò che a loro volta hanno ricevuto, cioè: una fede individualista, personale, chiusa, privata, non comunitaria, aperta, libera, impostata sulla Parola di Dio.
Abbiamo insistito, fino all'esasperazione, sulla necessità di andare a Messa alla domenica, (altrimenti si fa peccato) non importa dove: in montagna, al mare, al Santo, dai Cappuccini…
Mentre non abbiamo dato altrettanta importanza a formare Comunità adulte, affinchè fosse possibile celebrare delle vere Eucaristie, in un clima di festa e di famiglia.
Abbiamo sempre fatto capire che la Messa era importante, da non perdere per nessun motivo; si poteva anche lavorare alla domenica, bastava non perdere la Messa.

Invece è la Comunità (Chiesa) la realtà fondamentale, che bisogna assolutamente vivere e formare con tanti piccoli gesti, segni, attenzioni, iniziative, e personali servizi di volontariato.
Se, osserviamo il Vangelo e teniamo presente il metodo di Gesù nell'educare i suoi discepoli, ci si rende conto che se Gesù ha impegnato tre anni della sua vita per fare di quanti lo seguivano un gruppo, una famiglia, una Chiesa, una Comunità e ha "celebrato" una sola Messa (l'Ultima Cena) vuol dire che questo è il metodo da seguire e che rende possibile e autentica una Celebrazione.

Non è importante dire tante Messe (pensando magari di accontentare tutti), ma convincerci che la Messa è una realtà talmente grande, importante, fondamentale per la vita cristiana, da richiedere una Comunità come base e condizione per essere celebrata, come l'ha voluta Gesù.

Quindi meno Messe e più Comunità!

Perché lo scopo della vita di Gesù non è stato certamente portare in chiesa più gente possibile, quanto piuttosto che più gente possibile formasse un "popolo sacerdotale" una Chiesa (Comunità) che riconoscesse Dio come Padre e che vivesse la carità e nella carità.

Per fare Comunità, per essere cristiani, è necessario ritrovarsi ogni domenica per ascoltare la Parola di Dio, per mangiare il suo Corpo, ma non può essere un gesto magico, automatico, meccanico. Come se alla domenica aprissimo il cassetto della religione e ci buttassimo dentro qualche preghiera e la Messa; poi chiuso il cassetto e non ne parliamo più per tutta la settimana.
Ma se in quella Celebrazione alla domenica non portiamo la nostra vita, le nostre preoccupazioni, le nostre attività, la nostra famiglia, i nostri dolori e le gioie, ciò che ci sta a cuore, (e questo è possibile solo in una Comunità di persone che a questo ci credono) la Messa rimane un gesto staccato, alienante, non in grado di influire nella vita e nella società.
Non è forse vero che per quante Messe "ascoltiamo" e per quante "particole" mangiamo noi rimaniamo sempre quelli che siamo, non ci sentiamo stimolati ad un cambiamento interiore; perché quelle Messe non hanno inciso profondamente nella nostra vita, non ci hanno toccato, sono rimasti gesti lontani, tradizionali, automatici, poco coinvolgenti..
L'incontro alla domenica con Dio e con i fratelli deve diventare il "grimaldello" il "piede di porco" che solleva tutta la vita, che cambia la vita, che apre il cuore, la coscienza, che sconvolge le realtà che viviamo.
Quindi per formare Comunità è necessario sì incontrarci alla domenica attorno alla stessa Mensa ma anche condividere in parte la vita: mettendosi a disposizione della Comunità, come si fa in casa, nella propria famiglia.
La Comunità è una famiglia e come una famiglia vive se i componenti portano il loro contributo, il loro dono, la loro ricchezza interiore.
Nessuno in una famiglia deve vivere come un parassita, ma tutti, chi in un modo chi in un altro, collaborano per il bene della famiglia stessa.

In una comunità tutti devono ricoprire un proprio ruolo; ognuno, se si guarda attorno, trova uno suo spazio di azione.
Non è pensabile che si venga in chiesa alla domenica mentre per tutta la settimana si è vissuto come "lontani", non ci si è sentiti "inseriti" e "parte" di comunità.
Non è pensabile che si venga in chiesa alla domenica senza preparazione alcuna, aspettandoci tutto dal sacerdote.
Non è pensabile "assistere alla Messa" come degli estranei.

Una Comunità cristiana cammina, cresce, vive se tutti fanno qualcosa. Ci sarà chi è portato a:
- insegnare catechismo,
- e altri a un servizio più semplice e immediato: leggere le Letture, raccogliere le offerte, portare doni, cantare, suonare, mettere in ordine i libretti, i foglietti sparsi…)
- alcuni si prestano per le pulizie in chiesa, e altri per l'assistenza degli ammalati,
- ci saranno giovani che animano le attività e altri che si mettono a disposizione per fare ripetizione ai ragazzi in difficoltà,
- ci sono adulti portati per le attività sportive e altri per organizzare gite, scampagnate, tornei, incontri…
- ci saranno persone interessate a preparare e a partecipare a liturgie della Parola, a momenti di preghiera, corsi biblici e altre disponibili a preparare, insieme al sacerdote, la liturgia, il canto e la predica della domenica,
- in una parrocchia sono indispensabili i volontari per: sagra, assistenza in Centro Giovani; e altri, sempre volontari, ma più portati a lavori pratici: imbianchini, idraulici, elettricisti, muratori, falegnami, tuttofare…
- un bel servizio è tener i contatti con le famiglie che non frequentano, magari anche solo portando a domicilio i foglietti con le notizie e gli avvisi della parrocchia,
- ci sono persone che non si alzeranno mai per leggere in chiesa o che non andranno mai per le case a chiedere un'offerta per i lavori in parrocchia, ma sono disponibili per allestire mostre di quadri, di libri, di lavoretti artigianali, ecc.
- altri ancora si rendono disponibili per tenere in ordine e puliti gli ambienti della parrocchia, i prati, i cortili, il sagrato, campi di calcio…
- abbiamo tutti da fare con documenti, carte, fisco, assicurazione, denuncia dei redditi, tasse, IVA, ricevute, soldi, banche…e ci sono persone che queste pratiche le svolgono bene, con competenza e piacere, senza che debba farlo necessariamente il parroco. Anche di loro c'è bisogno.
In parrocchia ogni persona deve trovare un suo spazio per contribuire a creare comunità; cercare ciò che è più conforme al suo carattere e mettere a disposizione il "talento" che tutti possediamo, di cui gli altri hanno diritto e bisogno.

Quando ognuno contribuirà con il suo "dono" di servizio a dare una mano in parrocchia,
quando si sentirà parte integrante della parrocchia,
quando si sentirà umilmente importante per gli altri…
allora si comincerà a creare Comunità,
allora la Messa che celebriamo alla domenica avrà un'altra forza e altra incisività,
allora non sarà neppure pensabile non andare a Messa, perché la sentiremo come un bisogno; come sarà assurdo andare a Messa in un'altra comunità,
allora saremo in grado di affrontare le situazioni difficili presenti in tante famiglie,
allora sarà possibile metterci in ascolto dei nostri giovani ed essere credibili,
allora sarà possibile trovare soluzione ai problemi economici che assillano tutte le parrocchie.

E' utopia ?
Può essere che ad una parrocchia così non si arrivi mai!
Ma non si arriverà mai neppure ad essere "perfetti come è perfetto il Padre che è nei cieli", eppure Gesù ce lo ha indicato come obiettivo, come meta da raggiungere.
Non saremo mai "perfetti come il Padre che è in cielo" ma ciò non ci dispensa da metterci in cammino…di provare… se anche non arriveremo mai ad "esser perfetti", però sappiamo che abbiamo camminato sulla strada giusta.

Nessuno vuole lavorare per anni in una comunità per poi, alla fine, amaramente rendersi conto che:
invece di costruire Chiesa (Comunità) ha costruito chiese,
invece di celebrare Eucaristie ha fatto riti magici,
invece di formare cristiani adulti ha tirato su "cristiani prete-dipendenti",
invece di formare mentalità libere ha plagiato coscienze,
invece di mettere un popolo in ginocchio davanti a Cristo l'ha fatto inginocchiare davanti a Padre Pio.
Il mio obiettivo è: lavorare poco; tenendo sempre presente che Gesù Cristo è il "fine" e anche il "metodo" del mio operare.