COMUNITA' di FEDE e di SERVIZIO 1°parte | Stampa |
Scritto da don Angelo Scarabottolo   
Uno dei punti fermi del pensiero, dell'attività e della predicazione di Gesù, nei tre anni di vita pubblica, è stato crearsi attorno un gruppo di amici che formassero una piccola comunità, preparandoli a vivere in uno spirito di fraternità e di famiglia... ai quali affidare il suo Messaggio, la sua Parola, il suo esempio, i Sacramenti...

Gesù insegna loro a rispettarsi, a perdonarsi scambievolmente, ad aiutarsi gli uni gli altri, li educa alla carità, a stare uniti, a condividere quanto possiedono, a non essere gelosi, nessuno deve sentirsi più importante degli altri, ma tutti piuttosto disposti a servire...

Gesù non affida Il suo Vangelo, i suoi Sacramenti, il suo Spirito... a Pietro o a un altro Apostolo, ma alla comunità di quanti lo avevano seguito.
Nell'intenzione di Gesù, chi segue il suo insegnamento, il "cristiano" cioè, deve far parte di una comunità, deve sentirsi inserito e vivere la vita della comunità.

Nel 1500 la Riforma Protestante aveva messo in dubbio l'esistenza stessa della Chiesa e negato la Gerarchia. Martin Lutero affermava che esiste solo la comunità di fedeli, "popolo di Dio" in ascolto della sua Parola.

In contrapposizione, il Concilio di Trento, 50 anni dopo, ribadisce fortemente il ruolo della Gerarchia ecclesiastica nella Chiesa, rifiuta il concetto di Chiesa come "Comunità" e afferma piuttosto il principio che la Chiesa è una  "Società perfetta".
Abbiamo dovuto arrivare al Concilio Vaticano II (1965) per riscoprire il concetto evangelico di Chiesa come "Comunità di fede" e come "Popolo di Dio".

Oggi, le parole: "Comunità" e "vita comunitaria", "Popolo di Dio in cammino", "Parrocchia Comunità di fede e di servizio", ecc...  sono espressioni entrate nel linguaggio corrente.

Quando si parla di "Comunità cristiana" si intende:
-  un gruppo più o meno numeroso di persone;
- che si trovano attorno alla Mensa eucaristica,
- in ascolto della Parola di Dio,  
- che dedicano del tempo per riflettere, per capire "i segni dei tempi", per dialogare, ecc...
-  disponibili sempre a dare una mano a chi è in difficoltà.

Questi mi sembrano gli elementi essenziali per considerarsi "Comunità di fede e di servizio"... fuori da queste caratteristiche fondamentali ed evangeliche, non credo ci si possa definire neppure "cristiani".

Naturalmente niente è "obbligatorio", ma se qualcuno desidera essere "cristiano", deve sapere che questo è il messaggio di Gesù.

Ma che cosa significa far parte di una Parrocchia che vuole essere una "comunità di fede e di servizio" ?

Se qualcuno cerca nei bollettini di questi ultimi anni, troverà decine di occasioni in cui viene trattato il tema "Comunità"... e di questo mi preoccupa un poco... perchè quando se ne parla così tanto è segno che ancora non ci siamo; che ne sentiamo l'esigenza, ma che siamo ancora lontani da essere e vivere la Comunità.
Sì, è vero, nessuna Comunità cristiana è "perfetta" e non si realizzerà mai in maniera piena e totale se non nell'al di là... quindi mettiamocela via... siamo sempre in cammino per realizzarla, sapendo che rimarrà un ideale verso cui tendere.
Pur tuttavia mi sia permesso qualche ulteriore considerazione in proposito.
Prima di tutto è necessario ribadire ancora una volta che uno degli insegnamenti a cui Gesù mira e impegna il suo tempo è appunto:  formare una "Comunità"  con quanti lo stanno seguendo.
Se Gesù impegna tre anni della sua vita per formare una comunità e tre ore per darci il Sacramento dell'Eucaristia... vorrà dire pure qualcosa!

Dopo il primo anno di vita pubblica, la gente abbandona progressivamente Gesù; non lo segue più con l'entusiasmo dei primi tempi. Quanti tra la folla lo ascoltavano, avevano l'impressione che il suo linguaggio fosse strano e assurdo; erano disposti a seguirlo se avesse continuato a moltiplicare il pane e a fare miracoli,.... ma alla fine si rendono conto che Gesù non è il Messia che avevano sperato, non intende mettersi a capo di una rivoluzione per cacciare i Romani invasori...  Allora perchè seguirlo?

A questo punto, Gesù dedica tutto se stesso a preparare i suoi amici al compito che spetterà loro una volta che Lui se ne sarà andato.

I Discepoli sentono Gesù parlare:
- del Padre e dell'amore fraterno,
- della solidarietà verso i poveri,
- del dovere di servire e non farsi servire,
- del "Buon Samaritano" (Luca 10, 25-37),
- del "Padre misericordioso" ( Luca 15, 11-32),
I discepoli guardano quello che Gesù fa, cercano di immedesimarsi nella sua vita, di mettere in pratica il suo insegnamento.
Gesù lavora per creare con quanti lo circondano e lo seguono (30 - 40 persone) una piccola comunità, perchè saranno loro che dovranno continuare la sua opera un domani.
Questi capiranno solo dopo la Risurrezione ciò che dovranno fare e come farlo, tra errori e ripensamenti:
- trovarsi insieme, alla sera dopo il lavoro, per mangiare e pregare in compagnia;
-  aiutare le vedove e gli orfani;
- alla liturgia del sabato sera ascoltano gli Apostoli;
- mettono in comune ciò che possiedono perchè tutti possano avere di che vivere con l'aiuto degli altri, ecc...  
cercano insomma di vivere la "comunità cristiana" nello spirito indicato da Gesù.
Fin da subito, si muovono su due direzioni:  preghiera (fede) e  servizio (carità)

(continua)