Home La Voce dell'Arciprete Giorno di Natale 2015
Giorno di Natale 2015

25 dicembre 2015: Santo Natale

 Vorrei prendere lo spunto da una poesia, scritta da un ragazzo di terza media di Cremona. Il titolo:

 “Natale in Friuli”

L'aria della notte
è fredda,

profuma di neve.
Nel cielo,
una falce argentata
di luna

si apre,
parentesi luminosa,
su una miriade
di lettere splendenti:

le stelle.
Forse un messaggio
d'amore e di pace....
Sta a noi uomini
fermarci un attimo:
alzare gli occhi,
leggere
e capire.

 Sono rimasto colpito dalle ultime parole: “Sta a noi uomini fermarci un attimo: alzare gli occhi, leggere e capire”. Sì, il firmamento è come una miriade di “lettere splendenti”. Perché non alzare gli occhi (noi così abituati a tenerli bassi!), e leggere i messaggi che le stelle ci inviano? “Leggere e capire”. Non basta leggere, occorre capire. Siamo presi da tanta superficialità, ci lasciamo anche incantare dalle meraviglie della natura, ma poi tutto torna nella più banale quotidianità.

Sembra che ci dia fastidio capire.

È suggestivo vivere il Natale cristiano come una contemplazione. Anzitutto, contemplazione del firmamento. Prima di scrivere le letterine a Gesù Bambino, come si usava una volta quando eravamo piccoli, da leggere su una sedia, durante il pranzo di Natale, davanti a tutti i presenti, abbiamo una infinità di lettere che ci giungono dal cielo. Nelle festività natalizie, di sera, o anche di giorno, le strade sono illuminate dalle luci colorate o a intermittenza, di una corrente di elettricità - meglio non ricordare a quale prezzo tale energia viene prodotta! -, alla scopo di sedurre la nostra attenzione, dirottandola verso prodotti o cose da consumare sotto forma di regali, i cui messaggi sono studiati attraverso una tecnologia che ha perso ogni contatto con i veri sentimenti umani, mentre basterebbe poco, e il tutto gratuitamente: ammirare i segni misteriosi che ci vengono dall’alto.

Ma non solo dal firmamento, le lettere ci giungono anche dal creato. Anche qui dobbiamo alzare gli occhi. La terra stessa è piena di lettere. Alzare gli occhi in questo caso è distoglierli dalle strade, preoccupati di correre verso un traguardo, che è solo una mèta momentanea, in vista di un altra mèta. E così la terra è solo fatta per essere calpestata. Eppure anche la terra è una lettera da leggere, perché ci lancia messaggi pieni di vita.

Il Figlio di Dio, l’Astro per eccellenza, è disceso per portarci direttamente la Lettera del Padre.

Forse l’abbiamo anche aperta, e forse l’abbiamo anche letta. Ma abbiamo la memoria corta. Ogni Natale è un invito a rileggere la Parola di Dio, che non è solo scritta su fogli di carta: la Parola di Dio si è fatta carne! Ormai fa parte dell’Umanità, di ciascuno di noi! E così ogni essere umano contiene un messaggio: è come una lettera da aprire, per riscoprire dentro di noi il segreto del nostro essere, e negli altri, il segreto del nostro vivere. La lettera di Dio è scritta in ogni cuore umano, e non sarà completa finché non la leggeremo nell’Umanità intera.

Anche Tonino Bello ha scritto una lettera a Gesù. “Caro Gesù, voglio scrivere a te. Per tanti motivi. Prima di tutto, perché so che tu mi leggerai di sicuro e la mia lettera non rischierà di finire come le tue. Ce ne hai scritte tante, e sono tutte lettere d’amore, ma noi non le abbiamo neppure aperte. Nel migliore dei casi, le abbiamo scorse frettolosamente e con aria annoiata. Poi, perché so che tu non ti fermi a fare l’analisi estetica di ciò che ti dico. Tu vai sempre al nocciolo, o alla radice, e sei imbattibile a leggere sotto le righe. E anche stavolta, ne sono certo, sotto le righe sai scorgere il mio cuore gonfio di paure e di speranze, di preoccupazioni e di tenerezze. Poi, perché tu rispondi sempre, e non passi mai nulla sotto silenzio. Non c’ è volta che tu ti rifiuti di ricambiare il saluto o di accusare ricevuta. Con gli altri, lo sai, non sempre è così. Più che la “ricevuta”, sembra che accusino “il colpo”. Ma, soprattutto, scrivo direttamente a te, perché so che a Natale ti incontrerai con tantissime persone che verranno a salutarti. Tu le conosci a una a una. Beato te, che le puoi chiamare tutte per nome. Io non ci riesco. Dal momento, però, che passeranno a trovarti, se non nell’Eucaristia e nei sacramenti almeno nel presepe, perché non suggerisci loro, discretamente, che non te ne andrai più dalla terra e che, pur trovandoti altrove per i tuoi affari, hai un recapito fisso nella tua Chiesa, dove ti potranno incontrare ogni volta che lo vorranno? E, a proposito di “recapito”, non pensi che la tua Chiesa, il cui grembo hai deciso di abitare per sempre dopo aver abitato per nove mesi quello di tua Madre, abbia bisogno di qualche restauro? Si tratterà, caro Signore, di restauri costosi, perché da ricca deve diventare povera, da superba deve divenire umile, da troppo sicura deve imparare a condividere le ansie e le incertezze degli uomini, da riserva per aristocratici deve divenire fontana del villaggio. Chi è profano in certe faccende pensa che sia un restauro quasi senza spese, sotto costo, perché si tratta di ridurre invece che di accrescere. Invece io so che occorre uno di quegli stanziamenti fortissimi della tua grazia, perché, se no, non se ne farà nulla. Visto che mi sono messo sulla strada delle “raccomandazioni”, posso approfittare dell’amicizia per fartene qualche altra? Aiuta me e tutti i miei fratelli sacerdoti a lasciarci condurre dallo Spirito, che è Spirito di libertà e non di soggezione, Spirito di giustizia e non di dominio, Spirito di comunione e non di rivalità, Spirito di servizio e non di potere, Spirito di fratellanza e non di parte. Dona ai laici della nostra Chiesa la gioia di te, che fai “nuove” tutte le cose. Ispira in essi i brividi dei cominciamenti, le freschezze del mattino, l’intuito del futuro. Esorcizza nelle nostre comunità la paura del vuoto, l’impressione che si campi solo sulle parole, il sospetto che, di ardito, amiamo solo le metafore. Metti nel cuore di chi sta lontano una profonda nostalgia di te. Asciuga le lacrime segrete di tanta gente, che non ha il coraggio di piangere davanti agli altri. Entra nelle case di chi è solo, di chi non attende nessuno, di chi a Natale non riceverà neppure una cartolina e, a mezzogiorno, non avrà commensali. Gonfia di speranze il cuore degli uomini, piatto come un otre disseccato dal sole. Ricordati di tutti i poveri e gli infelici, i cui nomi hanno trovato accoglienza sterile solo sulla mia agenda, ma non ancora nel mio impegno di vescovo, chiamato a presiedere alla carità. Ricordati, Signore, di chi ha tutto, e non sa che farsene: perché gli manchi tu.

Buon Natale, fratello mio Gesù, che oltre a vivere e regnare per tutti i secoli dei secoli, muori e sei disprezzato, minuto per minuto, su tutta la faccia della terra, nella vita sfigurata degli ultimi”.

 Buon Natale

 

Don Angelo