Home La Voce dell'Arciprete La Chiesa e l'ICI - 1
La Chiesa e l'ICI - 1 PDF Stampa
La Difesa del Popolo

La Chiesa e l'ICI
La favola bella dell'evasione

Monta la polemica sui “privilegi” di cui godrebbe la chiesa. Ecco allora le cifre dell’Ici pagata dalla diocesi di Padova nel 2011 sugli immobili di sua proprietà
 
Il copyright della “battaglia” è dei Radicali, sempre ben spalleggiati dal gruppo editoriale Repubblica-L’Espresso. Loro è il ricorso alla Commissione europea, chiamata a giudicare sulle disposizioni emanate dal governo Prodi nel 2006 per esentare dal pagamento dell’Ici tutti gli edifici che ospitano attività a carattere «non esclusivamente commerciale». Un’esenzione, sostengono i ricorrenti, tale da configurarsi come aiuto di stato e violare le regole della concorrenza.
In attesa della sentenza, la pattuglia di parlamentari radicali eletti nelle liste del Partito democratico già la scorsa estate aveva presentato due emendamenti per abolire l’esenzione Ici sugli immobili che ospitano attività commerciali che fanno capo alla chiesa. La cosa non aveva suscitato particolare clamore fino a quando la manovra Monti non ha reintrodotto l’Ici sulle prime case. A quel punto, ecco moltiplicarsi le voci critiche, fuori e dentro il parlamento. C’è una pagina di Facebook intitolata Facciamo pagare l’Ici alla chiesa cattolica !!!!. C’è MicroMega, la rivista di Paolo Flores D’Arcais, che ha lanciato una petizione già sottoscritta da oltre 125mila persone. Da 22 deputati del Partito democratico giunge una mozione che chiede al governo di «attivare le necessarie procedure per determinare il gettito che deriverebbe dalla tassazione del patrimonio immobiliare della chiesa cattolica, richiedendo il pagamento di una quota pari al 30 per cento del totale del gettito stimato».
La procedura è arzigogolata, ma pazienza. E tanto per non farci mancare niente ci sono anche due emendamenti di parlamentari del Pdl che l’Ici vorrebbero farla pagare anche a parrocchie, oratori ed edifici di culto. O, quantomeno, alle parrocchie che affittano i campi di calcio e le loro sale per feste di compleanno.
E poi, a ruota, ecco arrivare i riflessi nostrani di un dibattito in cui finisce per mescolarsi un po’ di tutto: il Vaticano e le diocesi, i monasteri e le parrocchie, le associazioni e le scuole, le case per ferie e le mense della Caritas. Anche perché dietro il termine “chiesa” usato per semplicità (o semplicisticamente) da giornalisti e politici, c’è un universo di enti e realtà dotate ciascuna della propria autonomia giuridica.
E così, all’indomani dell’incontro del vescovo con le istituzioni cittadine che ha concluso la visita pastorale ai vicariati di Padova, ecco il presidente dell’Ascom Fernando Zilio denunciare situazioni di intollerabile disparità e invitare la chiesa a «contribuire in qualche modo, magari anche solo pagando l’Ici degli immobili in cui si svolgono attività commerciali». Poi, sabato 10 dicembre, ecco il vicepresidente leghista della Provincia, Roberto Marcato, spiegare ai quotidiani che la chiesa – oltre a non saper gestire le cucine popolari – non paga alcunché su «hotel, alberghi, ristoranti e altri immobili che non hanno niente di caritatevole».
Di fronte a tanta acrimonia, e a tanta approssimazione, viene naturale pensare che sì, la chiesa ha un problema di linguaggio (vedi la riflessione di Giuseppe Trentin a pagina 5) se tanta parte dell’opinione pubblica e del mondo politico non riconosce più il contributo che le nostre comunità offrono – anche semplicemente grazie ai loro patronati, che sono oggi uno dei pochi luoghi d’incontro in cui non è necessario pagare il biglietto – e dimentica che l’esenzione si applica anche alle altre confessioni religiose che hanno stipulato intese con lo stato, alle fondazioni, alle onlus, alle pro loco, alle società sportive dilettantistiche, ai sindacati, ai partiti, alle aziende sanitarie e via elencando. Tutti evasori?
Ripartiamo dal linguaggio, allora. Anzi, meglio ancora, ripartiamo dai numeri che pubblichiamo nelle prossime pagine. Ecco l’Ici che la chiesa paga: sulle case per ferie, sulle librerie, sugli appartamenti, sui terreni e sui fabbricati commerciali. Ciascuno faccia di conto. E giudichi in coscienza se abbiamo dato a Cesare quel che di Cesare è. Poi si discuta pure la legge, se opportuno la si riformuli (per tutti i soggetti che usufruiscono di agevolazioni, è ovvio) e l’Unione europea dica la sua. In tempi di crisi economica, la chiesa non mancherà certo di dare il proprio contributo nei modi e nelle forme che saranno individuate dallo stato. Ma, per favore, non chiamateci più evasori.
Guglielmo Frezza
 

Ecco le cifre che la Diocesi di Padova ha pubblicato:

da La Difesa del Popolo del 18 dicembre 2011

MAD Movimento apostolico diocesano: da Casa Pio X alle case per ferie
Pagano l'ICI persino le Cucine popolari.
Sembra un paradosso, ma l'Ici la pagano anche le Cucine economiche popolari, e nemmeno poco: per l'esattezza sono 9.046 gli euro che gravano sulla struttura per via di una delle tante astrusità della legge. Non che manchi, evidentemente, la finalità assistenziale. Ma non essendo le cucine proprietarie dell'immobile, la norma non prevede esenzioni.
Una contraddizione che si ripete per diversi casi, e che dimostra come l'attuale legge sia certa mente discutibile anche se non per le ragioni avanzate dai suoi detrattori. E visto che poi il comune a fine anno è solito intervenire con un contributo economico di sostegno a un'opera che da oltre un secolo fa parte della migliore storia solidale della città intera (a fine 2010 sono arrivati 27.500 euro), ecco concretizzarsi una sorta di partita di giro che magari ottempera allo spirito della legge ma non certo a quello della logica.
Complessivamente il Movimento apostolico diocesano (che è un'associazione laicale ecclesiale) ha pagato quest'anno per le sue proprietà 48.868 euro di lCI. L'imposta grava sulle zone non adibite a uffici di Casa Pio X: la mensa gestita dalle Acli (1.714 euro), il cinema-teatro (3.591 euro), un negozio sfitto (147 euro). Il totale era più alto negli anni in cui parte dello stabile era in affitto all'università per i corsi didattici e non era vincolato dalla sovrintendenza. Pagano un conto salato l'ex Casa Maria Immacolata in via Daniele Manin (16.792 euro tra convitto e negozi) e il collegio Leopardi (15.267 euro).
Fuori Padova, il Mad gestisce anche le case per ferie tradizionalmente utilizzate dall'Azione cattolica e da tante parrocchie per i loro campi estivi. Le situazioni sono però differenti da comune a comune, a seconda dei regolamenti adottati: la casa di Meida in val di Fassa paga 1.783 euro, mentre la casa dì Camporovere sull'Altopiano di Asiago e quella di Solagna sono esentate.
IDSC istituto sostentamento del clero
La spesa più alta è sugli ex benefici
L'Istituto diocesano per il sostentamento del clero, oggi presieduto da don Gianfranco Zenatto, e stato istituito a seguito della revisione del Concordato, col compito di amministrare il patrimonio pervenuto dagli ex benefici parrocchiali in modo da integrare, con i loro redditi, le remunerazioni che i sacerdoti ricevono nel caso non raggiungano il "tetto" stabilito.
Il patrimonio dell'istituto è composto da un vasto numero di terreni, fabbricati e altre proprietà che sono destinate a locazione e che dunque — a prescindere dall'effettivo utilizzo — sono soggette al pagamento dell'ICI. Unica eccezione, gli uffici di via Dietro Duomo. Nel 2011 l'istituto ha versato complessivamente 30.5916 euro di lCI. Al sito internet www.idscpadova.it è possibile consultare l'elenco degli stabili e delle altre proprietà in vendita o in locazione.
DIOCESI E SEMINARI Quasi 100.000 euro annui.
Le librerie? Proprio nessuna esenzione
Quanto all'ente Diocesi, la spesa Ici complessiva assomma nel 2011 a 32.400 euro. Sono esenti il vescovado, le ex case canoniche adiacenti alle chiese del centro storico non più parrocchie (San Gaetano, San Luca, San Clemente, San Massimo, via San Pietro) in quanto pertinenze di luogo di culto e poche altre proprietà, tra cui i monasteri di Montegalda e Cogollo del Cengio, la Casa del clero dove risiedono i sacerdoti anziani, la Casa Madre Teresa di Calcutta a Rubano.
L'Ici viene invece regolarmente pagata — a differenza di quanto insinuato recentemente sulle pagine della stampa cittadina — per tutti i locali di piazza Duomo affittati a esercizi commerciali: pasticceria, Foto Toma, Libreria San Paolo Gregoriana, Liturgica, Next tour. Se la cifra può apparire bassa (406 euro per la libreria e 1.882 euro per l'agenzia di viaggi) è soltanto perché l'immobile gode delle agevolazioni previste dalla legge per tutti gli edifici vincolati dalla sovrintendenza e quindi considerati di valore storico. Quale che sia il proprietario.
Regolarmente soggette al pagamento dell'ici sono anche le proprietà di via Soncin (1.781 euro per lo stabile in cui vivono con regolare contratto d'affitto alcuni sacerdoti), via Frigimelica (1.200 euro per una abitazione in affitto), gli spazi commerciali di via Po e il palazzo che ospita in via Cernaia i mezzi di comunicazione sociale della diocesi (Tele-chiara, la Difesa del popolo, Bluradio, Nordest pubblicità, Unitelm), gravato di 10.305 euro di imposta.
Infine, il Seminario. Sono logicamente esenti i palazzi destinati alla formazione del clero (il seminario maggiore in centro storico a Padova e il seminario minore a Rubano), mentre l'Ici si applica alle numerose proprietà giunte nel corso del tempo sotto forma di lasciti o di investimenti, come la libreria Gregoriana di via Roma (1.694 euro). Complessivamente nei 2011 l'importo dell'Ici è stato di 36.160 euro.